a cura di Giuseppe
- Quella che qui segue è una lettera aperta scritta da Riyoko Ikeda ai suoi lettori e pubblicata nel 2005 all'interno dell'artbook dedicato al 30esimo annversario della pubblicazione del manga di "LA finestra di Orfeo" edito da Jitsugyounonihonsha, "Orpheus no Mado - Enciclopedia: Commemorazione del 30esimo anniversario (
Avevo avuto l’idea di raccontare la giovinezza di un gruppo di ragazzi iscritti a un collegio di musica molto presto. La mia storia non poteva che essere ambientata in Germania. Non in Italia e non in Francia. Sicuramente uno dei motivi di questa scelta era che al tempo oltre all’inglese, l’unica lingua straniera che masticavo un po’ era il tedesco. Molti rimangono stupiti che nonostante io abbia scritto “Le Rose di Versailles” non conosco per niente il francese. A dirla tutta non ho mai avuto una particolare affinità con le lingue romanze. Lo stesso materiale di riferimento per “Le Rose di Versailles”, preferivo leggerlo in tedesco.
Anche la musica classica era per me innanzitutto quella tedesca. Anni dopo, quando ho cominciato a studiare lirica, i miei primi passi sono stati infatti con il repertorio tedesco (naturalmente Schubert!). Ho cominciato ad esplorare la lirica italiana, solo molto dopo, quando a 45 anni ho deciso di sostenere l’esame di ammissione al conservatorio.
Questa decisione, nonostante non fosse stata per me una vera e propria rivoluzione, fu comunque notevole. Avevo scritto una storia sulla musica ambientata in Germania, che aveva fatto sbocciare in me la passione per la lirica, ma solo questo non era sufficiente: dovevo iscrivermi al conservatorio. La mia passione per la musica era troppo profonda.
Mi è sempre piaciuto il canto, tanto da canticchiare anche durante il funerale di mio nonno per poi essere sculacciata da mia Madre; ma la passione per la musica è cominciata in realtà con il pianoforte. Per questo quando ho deciso di scrivere "La finestra di Orfeo", senza alcun dubbio ho deciso di raccontare le vicende degli studenti di pianoforte Julius e Isaac.
Per tutta la mia vita ho sempre avuto accanto a me un pianoforte. Lo stesso piano dai tasti pesanti che Isaac usa per esercitarsi, era preso a modello dal piano che utilizzavo durante la stesura de “Le Rose di Versailles”, di marca Diapason. Il piano che Isaac suona in seguito alla locanda, è un Adolf Lehmann, che anche io posseggo di antiquariato.
Ci sono stati periodi in cui ho studiato pianoforte regolarmente, altri in cui sfioravo appena i tasti o lo usavo solo per accompagnarmi al canto; in ogni caso ho sempre avuto un pianoforte in casa. Mi sorprendo io stessa nel constatare che nonostante abbia traslocato una ventina di volte, il pianoforte è sempre rimasto una presenza costante nella mia vita. Un amico fedele, che però credo di non aver mai amato quanto avrebbe meritato. Il pianoforte è lo strumento musicale perfetto di epoca moderna, per ricchezza di espressività e complessità tecnica, ma richiede una notevole forza fisica e psicologica, che non si può solo acquisire con la pratica, e che a me è sempre mancata. Ad esempio, perfino per una delle lezioni base nello studio del pianoforte, l’arpeggio, finivo sempre per avere il polso o il mignolo doloranti. Anche la forza di spirito per sedermi al piano e studiare ogni giorno per 7 o 8 ore e superare le iniziali difficoltà mi è sempre mancata (solo prima dell’esame di ammissione al conservatorio sono riuscita davvero a studiare il piano 8 ore al giorno, ma si può dire che in quel caso mi abbia sostenuto la stessa scelleratezza di un folle in un momento di vita o di morte). In qualche modo si può dire che le avversità nello studio del pianoforte abbiano anche spronato la mia fantasia a partorire la storia de “La finestra di Orfeo”, già in lavorazione nella mia mente, fin dal mio primo incontro del tutto casuale con la bellissima cittadina storica di Ratisbona.
La scelta del periodo per l’ambientazione della storia, l’inizio del ventesimo secolo, più che dalla prosperità nel campo della musica classica e del pianoforte, fu influenzata soprattutto dallo scoppio della Rivoluzione Russa. A pensarci adesso, il ventesimo secolo è stato davvero un periodo di cambiamenti estremi, mai visti prima nella storia: con l’avvento della civiltà tecnica, in moltissimi campi, come i trasporti, la comunicazione, la produzione, si è avuto un balzo incredibile a livello di efficienza. Ovviamente anche le arti, come ad esempio la musica, non potevano rimanere esenti da questi profondi cambiamenti. Fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, che per molti versi venne definita come l’ultima grande guerra, la musica, la letteratura e in generale il mondo accademico, risentiva ancora dei lasciti dell’ultimo periodo più oscuro del Romanticismo. Era un periodo dallo sviluppo ancora molto lento, ben lontano dalla velocità dei cambiamenti dell’epoca moderna. E’ proprio questo periodo, subito prima della rivoluzione tecnica, che mi interessava rappresentare nella mia storia. I vecchi edifici in pietra, dalle pareti ricamate dall’edera, i vicoli acciottolati in cui risuonano i passi dei pedoni, il fruscio delle gonne dall’orlo troppo lungo delle donne, il risuonare delle carrozze lungo le strade...E’ questo quello che volevo rappresentare nella mia storia e non gli edifici in cemento, non le scarpe da ginnastica né le automobili.
Chi fa musica oggi, usa ancora gli spartiti di opere create secoli addietro da Bach, Mozart o Beethoven. E’ incredibile pensare come questi, creati da persone che sono nate e vissute in epoche così diverse dalla nostra, siano stati adattati ai ritmi più veloci della musica moderna. Ma credo che sia proprio questa la forza trainante che mi ha permesso di scrivere e completare "La finestra di Orfeo" in ben 7 anni: questa curiosità per l’essere umano, che si tramanda la conoscenza e la cultura attraverso le epoche e le generazioni, e che mi affascina ancora adesso più che mai.
a cura di Giuseppe
N.B. Questo è un estratto della lettera pubblicata sul Visual book del 2014 "Love and", che potrete trovare nella sua versione integrale e tradotta all'interno della sezione "Le Rose di Versailles: Lettere aperte"
[...]Al termine di “Berubara” pensavo solo e unicamente alla creazione di “Orpheus no Mado (La finestra di Orfeo)”. Visto che inizialmente non riuscivo a consolidarne la trama nella mia mente, mentre ci rimuginavo sopra ho deciso di pubblicare “Onisama e...(Caro Fratello)", che ho disegnato tutto d’un fiato. Ancor prima di cominciare a disegnare “Orpheus no Mado” avevo capito che non sarei mai stata capace di disegnare ancora una volta una storia di simile portata. Quello sarebbe stato il capolavoro di tutta la mia carriera, l’opera di una vita. La protagonista Julius, nonostante vesta abiti maschili come Oscar, è una persona molto debole, in completo contrasto con lei.
[...]
Riyoko Ikeda
Love and...
2014